Addio assegno di mantenimento e casa se il figlio maggiorenne svolge una supplenza temporanea
Nonostante la precarietà della scuola, la figlia supplente viene considerata economicamente autosufficiente: lei perde l’assegno di mantenimento, e la mamma perde la casa familiare
Il Tribunale di Matera ha revocato l’obbligo di un ex marito di contribuire al mantenimento della propria figlia ormai venticinquenne. Quest’ultima, a pochi mesi dal completamento del suo percorso universitario, è riuscita ad ottenere l’incarico di supplente in una scuola di Bergamo. L’incarico, ovviamente precario e temporaneo, le ha però permesso di ricevere un compenso pari a quello previsto per un insegnante di ruolo: per questo motivo la ragazza è stata giudicata economicamente indipendente e ha perso il diritto all’assegno di mantenimento fino ad allora percepito.
Nella sentenza appare chiara l’ammissione di quanto il sistema dell’insegnamento sia precario, ed è anche emersa chiaramente la natura temporanea dell’incarico di supplenza svolto dalla figlia. Nonostante questo, il Tribunale ha giudicato la ragazza autosufficiente a livello economico. Non solo infatti il percorso che dall’inserimento in graduatoria porta all’ottenimento del posto “di ruolo” viene considerato verosimilmente graduale, ma il criterio per giudicare economicamente autosufficiente un figlio ormai maggiorenne è la dimostrazione della sua capacità di accedere, “in modo serio, anche se non giuridicamente stabile”, al settore lavorativo per cui ha studiato e si è formato.
Oltre alla perdita di questo “beneficio”, il giudice ha decretato la revoca dell’assegnazione della casa coiniugale alla madre della neo-insegnante. In seguito al divorzio infatti l’assegnazione della casa familiare al coniuge responsabile dell’affidamento serve a tutelare la crescita dei figli e a garantir loro un appoggio anche da maggiorenni non autosufficienti. In assenza di queste condizioni, la madre della ragazza ha così perso lil diritto ad usufruire dell’abitazione familiare.
Qui uno stralcio della sentenza n. 1023 del 31/07/2017
“[…] Si ritiene, quindi, che, in tema di obbligazione ex lege dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli maggiorenni secondo le regole degli artt. 148 e 316 bis c.c., lo status di autosufficienza economica possa rienersi raggiunto nel momento in cui il figlio riesce in modo serio, anche se non giuridicamente stabile, a fare ingresso nel mercato lavorativo corrispondente alla professionalità da lui acquisita. Il carattere precario dell’attività esercitata può allora assumere rilievo nella misura in cui sia indicativo di un acerbo o inadeguato inserimento del giovane rispetto alle nosmali e concrete condizioni del mercato di riferimento; laddove, invece, esprima, come nel caso in esame, una fisiolgica e strutturale caratteristica di quel settore lavorativo, la precrietà non può considerarsi quale indice di una mancata “sistemazione” e la connessa, seppur relativa, indipendenza economica del figlio maggiorenne fa venir meno l’obbligo di mantenimento in capo ai genitori.[…]”.